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giovedì 9 gennaio 2014

Noi qui siamo poveri

Posto di seguito un mio articolo apparso sulla rivista on-line "La mandragola", disponibile al seguente indirizzo: http://www.lamandragola.org/?p=1407.


Dice bene Silvana Romano nel suo graffiante e lungimirante articolo: “mandiamoli via i signori, i vassalli, i valvassori, i valvassini, i fanti e i cavalieri…”.
Mandiamoli via: quelle teste coronate, quelle regine, quelle eccellenze che si sono inghirlandate su troni scaduti e che si reggono grazie ai tanti leccapiedi di regime, ai tanti cortigiani, agli innumerevoli nani e ballerine, sempre proni.
E’ proprio vero: nulla sembra cambiato rispetto al passato e questo modello di gerarchia medioevale vive ancora tra di noi, anche se con nomi e figure diverse. Insomma tutto cambia affinché nulla cambi sembra essere l’amara conclusione, quello spirito gattopardesco che accompagna da sempre la storia e le sorti del nostro paese.
Non più feudatari, come nel Medioevo, ma capi partito e capi corrente, parlamentari e consiglieri regionali, banchieri e amministratori delegati. E, come nel feudalesimo, esistono le guerre tra le fazioni e le lobby politico-affaristiche per la spartizione del malloppo e del territorio, attraverso tutti i mezzi, leciti e illeciti.
E noi, cittadini normali che non partecipiamo a questo spregevole banchetto, chi siamo?
Mi duole dirlo, ma siamo ancora sudditi, servi della gleba, che paghiamo le tasse anche per quelli che non l’hanno mai pagate, che apparteniamo a questo o a quel feudo politico senza contare una mazza e che ogni tanto ci chiamano a votare, con squilli di tromba e promesse roboanti di cambiamento. Ma nulla succede, e la nostra partecipazione al voto si rivela una inutile comparsata.
Il potere è ancora gestito come una ragnatela e non ha nulla a che fare con il buon governo e con la buona politica: è una autentica patologia della nostra società. Esprime la smania peggiore di dominare, di asservire, di padroneggiare, attraverso le ruberie, i soprusi e le rapine legalizzate.
E’ l’espressione dell’arroganza e dell’ignoranza: l’uomo che oggi voglia dedicarsi alla politica deve essere poco intelligente ma furbastro, deve essere privo di dignità ma borioso, amante del comando ma sempre dipendente da qualcuno, più arrogante e più retorico di lui.
Oggi la politica cammina di pari passo con il potere economico/finanziario: quindi sia i cosiddetti rappresentanti del popolo (ma come possono essere tali se sono stati nominati e non eletti?) che i gestori della ricchezza si sono arricchiti sempre di più dimenticando gli ultimi.
Quindi da una parte c’è il potere, l’ingiustizia e lo sperpero di denaro pubblico e dall’altra parte c’è la lotta quotidiana per la sopravvivenza.
Ne ho avuto conferma durante queste festività di fine anno che – come ogni anno – le ho trascorse nel nostro Cilento. E così, approfittando delle belle e tiepide giornate natalizie, mi sono incamminato “alla ricerca del buono da ricordare” (come scrive Silvana Romano), desideroso di immergermi in una realtà più a misura d’uomo, non ancora oppressa in maniera eccessiva dalla modernità e dalle macchine, come succede invece in una città come Roma, dove vivo abitualmente.
Mentre mi trovavo a passeggiare tra i vicoletti del centro storico di Cicerale – incantato dai bei portali di pietra arenaria che ancora decorano alcuni interessanti palazzi nobiliari, abitati nel passato da qualche feudatario locale (almeno loro ci hanno lasciato qualcosa di bello….i moderni vassalli che cosa ci lasceranno?) – mi sono imbattuto in un vecchietto che avanzava con una carriola piena di legna da ardere. Quella figura sembrava fosse uscita da un dipinto del ‘600, tant’è che sia per l’aspetto umile e bisognoso che traspariva dalla sua figura, che per il contesto ambientale in cui mi trovavo, ho avuto l’impressione di essere piombato improvvisamente indietro nel tempo. Quel vecchietto, resosi conto che non ero del posto, quasi a volersi giustificare della sua misera condizione – rispetto alla mia apparente agiatezza – si è fermato e con un disarmante e rassegnato sorriso, mi ha detto : “Noi qui siamo poveri”.
Ecco, quell’immagine e quell’affermazione è la sintesi fotografica del paese reale. Quel “povero” del Cilento che portava a casa un po’ di legna per scaldarsi rappresenta idealmente il disagio economico e sociale che attraversa tutto il Paese in questo momento. Quelle semplici parole sussurrate con dignità, forse senza rancore, sono pur sempre un grido di dolore, un’espressione di malessere in un paese governato da una classe politica ricca e corrotta.
Voglio essere fiducioso e immaginare per questo 2014 dei politici generosi e onesti che pensino veramente al bene del paese e non ai loro interessi personali; che si impegnino con fatti concreti e senza retorica a risolvere i problemi esistenziali della gente in difficoltà.
Voglio immaginare che finalmente vengano ridotti i costi della politica…che vengano risolti i problemi occupazionali…che venga messo in sicurezza tutto il nostro territorio affinché le nostre strade non diventino delle mulattiere e i nostri paesi non scendano a valle quando piove.
Voglio immaginare che finalmente lo Stato provveda a tutelare seriamente il suo patrimonio artistico/architettonico….a finanziare adeguatamente l’istruzione, la sanità, la sicurezza dei cittadini.
Voglio immaginare, ancora, una nuova legge elettorale che ci permetta di mandare a casa tutti i lestofanti, di qualsiasi partito, che da più di venti anni continuano a rubarci la vita e la speranza.
Voglio immaginare, infine, un nuovo umanesimo che sappia dare un autentico significato all’uomo e alla sua esistenza, attraverso una migliore qualità della vita.

 

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