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sabato 28 giugno 2014

Siamo tutti scrittori



Secondo le statistiche in Italia si legge poco. Molto poco. Pare che più della metà dei nostri connazionali non legga nemmeno un libro all’anno. Ma se da una parte i lettori diminuiscono, dall’altra aumentano in maniera esponenziale le pubblicazioni: vengono infatti dati alle stampe circa 60.000 nuovi libri ogni anno. Sembra un curioso paradosso, ma questi sono i dati. D’altra parte basta entrare in una qualsiasi libreria di una grande città per rendersi conto della gigantesca mole di libri esposti in bella mostra negli scaffali. Si avverte un senso di saturazione e di frustrazione, nello stesso tempo, perché non sai da dove iniziare.
Le librerie dovrebbero essere i “luoghi dello spirito” ma quando poi ti capita di imbatterti nell’ultimo libro di Massimo D’Alema “Non solo euro” più di una domanda sorge spontanea: cosa ha da spartire siffatta opera letteraria con lo “spirito”? Che cosa può mai scrivere di così interessante un politico come l’autore del suddetto libro, che non abbia già detto e ribadito (ahi noi!) in questi ultimi quarant’anni di vita politica?  Ma le sorprese, per chi mette piede in questi posti dedicati alla cultura, sono veramente tante. Sarebbe infatti molto interessante, dal punto di vista antropologico, conoscere qualcuno che spende 15 euro per immergersi nelle ponderate riflessioni di Maurizio Lupi riportate nel suo ultimo capolavoro, pubblicato da Mondadori, “La prima politica è vivere” . Inoltre, per chi non lo sapesse, “La mafia uccide d’estate”: a svelarcelo è il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, in libreria a sole 18,50 euro (Mondadori). Sono scrittori molto in voga: gli “scrittori politici”.

Hanno fatto il loro ingresso nel mondo della letteratura anche gli “scrittori calciatori”: e con questi si potrebbe formare più di una nazionale. Si parte dal numero 10, Pirlo, che essendo notoriamente un calciatore pensante, non poteva scrivere che “Penso dunque gioco”; poi c’è il portiere e capitano della nazionale Gigi Buffon che non si è sprecato molto nel trovare un titolo al suo libro: “Numero 1”, pubblicato da Rizzoli; è presente anche Marchisio che ci racconta le sue emozioni  giocando nella “Juventus” (Priuli & Virlucca Editore). Se poi qualcuno va cercando emozioni forti, allora non può perdersi “L’ultimo gladiatore” di Antonio Conte. In attesa del nuovo allenatore della nazionale, non poteva mancare il suo ex  (Cesare Prandelli) con il suo libro pubblicato da Giunti (prima della disfatta mondiale), il cui titolo ci tranquillizza: “Il calcio fa bene”. Si potrebbe continuare, ma fermiamoci qui e apriamo un’altra finestra: quella degli “scrittori giornalisti famosi”, le cui belle facce fanno capolino dalla quarta di copertina dei loro libri. Costoro, non contenti di apparire ormai da anni nei talk show serali, hanno trovato il modo per rimpinguare i lauti compensi televisivi con un po’ di diritti d’autore elargiti loro a piene mani da editori compiacenti, per i quali non conta quello che scrivi, ma il volto noto che ti ritrovi. Ha fatto così il suo esordio nel mondo letterario Giovanni Floris, passando senza alcuna difficoltà dagli studi di Ballarò alla libreria con il suo primo romanzo “Il confine di Bonetti”, edito da Feltrinelli. E che dire di Massimo Gramellini, il quale, dopo il grande successo di pubblico per il suo primo libro pubblicato da Longanesi nel 2012 “Fai bei sogni” – grazie ai ripetuti passaggi pubblicitari a “Che tempo che fa” dove è ospite fisso - tenta di nuovo la scalata delle classifiche di vendita con la sua ultima creatura letteraria “La magia del buongiorno”, una raccolta di corsivi già pubblicati nel corso degli ultimi anni sulla prima pagina del “La Stampa” di cui è vicedirettore. Ma se il simpatico Gramellini (lo scrivo senza ironia) non fosse stato il personaggio noto che tutti conoscono e non avesse avuto quella vetrina settimanale da Fazio - mi chiedo – i suoi lettori lo avrebbero ugualmente premiato? Gli editori lo avrebbero rincorso allo stesso modo? Qualche dubbio mi sovviene. E così potremmo andare avanti con gli scrittori attori…gli scrittori presentatori…gli scrittori cantanti ecc. Va evidenziato, inoltre, nel panorama editoriale una categoria molto particolare che annovera i cosiddetti “scrittori di successo”. Sono quelli che vanno di moda in un determinato momento e che sfornano uno o più libri all’anno, come Giorgio Faletti, Beppe Severgnini, Stefen King, Ken Follet, Dan Brown, Fabrizio Volo. Mi viene in mente un certo Leopardi che all’inizio dell’’800, quando la televisione ancora non era stata inventata, scriveva: “è più facile ad un libro mediocre d’acquistare grido per virtù di una fama già ottenuta dall’autore, che ad un autore di venire in reputazione per mezzo di un libro eccellente”. Il grande poeta di Recanati aveva già previsto tutto. A questo punto uno si potrebbe chiedere: ma i grandi scrittori, quelli con la S maiuscola, che fine hanno fatto? Dove sono finiti  i D’Annunzio, i Pavese, gli Svevo, i Dostoevskij? Sono ancora presenti nelle librerie? Si, per fortuna ci sono ancora, basta cercarli. Non occupano, naturalmente, i primi posti delle vetrine, perché quelli sono ormai riservati agli improvvisati scribacchini dei nostri tempi: i vip della televisione, dello spettacolo e della politica.
La vera letteratura, se proprio lo vogliamo ammettere, è altro. E’ quella che non deve misurarsi con i mezzi di comunicazione di massa che contraddistinguono l’epoca in cui viviamo, ma deve suggerire domande, deve agire come coscienza critica, deve essere oggetto di inquietudine ma anche di denuncia. E’ quella che suscita riflessioni profonde:  luogo di metafore, di esperienze di vita, di dubbi, di illusioni. E’ quella letteratura che si propone come testimonianza e memoria, una memoria che sia sempre presente nella coscienza degli uomini e che si opponga alle mode e ai fatti di attualità ricorrenti, già ampiamente enfatizzati dai mass media.

Ho l’impressione che oggi la degenerazione della scrittura abbia abbassato notevolmente la qualità della domanda di lettura: preferiamo i libri della Littizzetto e di Vespa piuttosto quelli di Svevo e di Calvino. Il lettore è invogliato a comprare un romanzo soltanto se lo stesso viene presentato e divulgato in televisione, come qualsiasi altro prodotto commerciale.  E siccome nelle trasmissioni televisive si parla tanto - per esempio - dei romanzi scritti da Dario Franceschini – tutti pubblicati da Bompiani - e non si discute mai  di Beppe Fenoglio o di Ennio Flaiano, il lettore/telespettatore verrà acculturato dall’opera omnia del Ministro della Cultura e non conoscerà i suoi vicini di scaffale presenti in libreria, i cui cognomi iniziano appunto con la lettera F. Con questo non voglio dire che non ci siano nobili eccezioni: penso a Camilleri, Eco, Erri De Luca, Tabucchi e tanti altri. Resta il fatto, però, che il chiacchiericcio letterario mediatico oggi ha il sopravvento sulla buona letteratura. Diceva Italo Calvino che “l’ideale sarebbe sentire l’attualità come il brusio fuori dalla finestra, che ci avverte degli ingorghi del traffico e degli sbalzi meteorologici, mentre sentiamo il discorso dei classici che suona chiaro e articolato nella stanza”.

 

14 commenti:

  1. ...sono una delle illuse che sperano di riportare un po' di gente sui libri...

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  2. Grazie della visita. E già...in Italia si legge poco: in compenso, però, ognuno scrive il suo bel libro

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  3. Scegliere un libro non è affatto semplice: l'offerta è abbondante ma prevalentemente mediocre, come fai notare.
    Troppi scrivono, troppo pochi leggono.
    Basterebbe deporre le penne (o il mouse) e tornare ad uno stadio forse inferiore, quello di lettori. Banali, curiosi, mai sazi lettori. Funzionerebbe tutto molto meglio.

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  4. Sono d'accordo con te...ogni tanto ci farebbe bene una pausa, deponendo anche il mouse.
    Grazie

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  5. pienamente solidale con quanto affermi, la letteratura è altrove rispetto alle "top ten" delle vendite e occorre scovarla tra centinaia di libri inutili. Io, in particolare, mal sopporto la categoria dei giornalisti-romanzieri che a differenza dei calciatori o dei cantanti fanno tutto da soli perchè convinti di saper scrivere. Il già citato Gramellini, Aldo Cazzullo e in parte anche Michele Serra, per esempio hanno scritto tre libri che a mio giudizio sono nettamente al di sotto del successo che hanno incontrato, trame poco comprensibili e poco strutturate (Cazzullo), scrittura piuttosto melensa (Gramellini), assemblaggio di capitoletti che ricalcano articoli di giornale (Serra).
    massimolegnani

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  6. Tu mal sopporti i giornalisti-romanzieri, io invece non sopporto affatto i politici-scrittori, i quali parlano a vanvera dalla mattina alla sera in televisione e, nei ritagli di tempo, si improvvisano scrittori per continuare ad infinocchiare i propri elettori con la carta stampata. Ma scrivere non è parlare. La vera scrittura è quella che dura nel tempo, non quella già morta al suo apparire. La maggior parte dei best-seller del momento sono libri morti, che vengono letti e poi dimenticati per sempre.
    Grazie per questo tuo contributo.

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  7. Come hai ragione. Ma poi penso, il romanzo, nel suo vero significato, può ancora avere un futuro?

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  8. Spero che il romanzo, nella sua vera accezione del termine, o “nel suo vero significato” come scrivi tu, possa continuare il suo percorso letterario anche nel prossimo futuro. Certo, i tempi sono cambiati e la letteratura oggi – se vuole sopravvivere - deve fare i conti con la banalità del quotidiano. E soprattutto deve competere con i mass media, veri deus ex machina della nostra società

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  9. Ti trovo a sorpresa sul mio blog, proprio dove si parla di cosa avremo mai da scrivere e non posso concordare sulla nostra qualità di, più che cattivi, disabituati lettori. E per far fronte a questa problematica fisiologica, l'editoria vomita carta stampata a valanghe e a cadenza settimanale siamo sepolti di nuove uscite.. mi chiedo dove si ammucchia tutto il vecchio, quali depositi alimenta, quale silenzio affligge. Noi intanto ci ammucchiamo di blog.. con la scusa dell'archivio "ordinato" alimentiamo colloqui frenetici, ma spesso anche proficui: continue scoperte di nuovi punti di vista e quella voglia di leggere altrove, che magari ruba tempo alle nostre elucubrazioni, ma ci arricchisce sviluppando (auto)critica e curiosità. Poi si può anche non essere d'accordo, tipo nell'accostare Camilleri a De Luca, ma i gusti sono personali.. guai ad allinearsi troppo... ;)

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  10. Come lettori siamo troppo legati a quello che passa il "convento mediatico". Dovremmo liberarci da questi condizionamenti e scegliere di testa nostra. E' pur vero, però, che de gustibus non disputandum est.
    Grazie per il tuo commento e buona giornata.

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  11. In linea di massima potrei essere d'accordo, però mi tenta una obiezione.
    Negli ultimi anni, entrando da Feltrinelli, rimanevo scioccata alla vista dalla mole di proposte terrificanti nel settore novità. La saga delle dominatrici , delle dominate e compagnia, seguite all'uscita delle fatidiche sfumature i grigio. Mi sono chiesta e continuo a chiedermi, perchè case editrici di un certo livello stampino roba simile ed anche altro. conosco la banalissima risposta. Però questa cosa e discussioni simili alla vostra, mi hanno portato a fare alcune riflessioni. Chi ha, o ritiene di avere una cultura media o medio alta è in grado di valutare e scegliere letture di buon o alto livello, Chi invece ha una cultura mediocre per cause di forza maggiore o per scelta, ha il diritto di leggere o di scrivere mediocrità (anche blog orribili) a loro non nuoce, anzi ne potrebbero avere anche dei benefici educando col tempo i gusti e la conoscenza.,
    Concludendo chi ha le doti, se lo desidera, invece di giudicare, può educare. E meno male che non sono tutti primi della classe, altrimenti non esisterebbero i geni.

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  12. Cara Annalisa, in linea teorica hai pienamente ragione. Tu dici: io non ho la cultura che mi permette di capire Proust (un mattone) e allora ripiego su Luciana Littizzetto o Massimo Gramellini: con la prima mi faccio due risate e con il secondo mi concedo due lacrimucce. Niente di male. De gustibus non disputandum est. Però proviamo a fare un discorso un po’ diverso e domandiamoci: perché i mezzi di informazione di massa non fanno conoscere al grande pubblico quei libri che non muoiono mai? Quei libri che si possono leggere sempre e che non sono l’espressione della moda del momento? Io posso anche capire gli editori, che devono fare soldi e quindi un libro di Bruno Vespa è più appetibile di un libro di Calvino; ma non capisco la televisione pubblica, quella pagata con i soldi dei contribuenti, che dovrebbe, in qualche maniera, promuovere anche la cultura di un paese e quindi educare i propri cittadini; ebbene, non mi risulta che questa televisione si sforzi di indirizzare i potenziali lettori verso scelte letterarie che non siano sempre quelle a buon mercato e alla moda.
    Ti ringrazio di cuore per questo tuo valido contributo.

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  13. Calvino resterà sempre, altri per fortuna finiranno nei libri dei quali fare opera meritoria a biblioteche di paese, mercatini di beneficenza etc.

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